Racconti

L’età giusta

Racconto breve.

L’altro giorno, nel quartiere di Centocelle, a Roma, due ragazze (quattordicenni) stavano andando a scuola. Precisamente al Francesco d’Assisi, un liceo scientifico che sta in viale della Primavera.
Una chiedeva all’altra quale fosse l’età giusta per morire.
Come l’età giusta? Non capisco.
Pensa se si avesse un tempo uguale per tutti per vivere. Tu sai che a trent’anni, per esempio, terminerà la tua vita. Fino a trent’anni non ti capiterà mai niente di male. Mai ti ammalerai, non soffrirai alcun tipo di dolore o incidente. Trenta anni pieni di vita. Poi andrai a dormire, compiuto il trentesimo anno di età e, la mattina successiva, non ti sveglierai più.
Già, però trent’anni mi sembrano davvero pochi.
Sì, certo era solo un esempio. Allora, dimmi e ti ripeto la domanda: secondo te, qual è l’età giusta per morire?
Che ne dici di quaranta?
Be’, no. Quaranta, no. Uno a quarant’anni è ancora giovane.
Sì, hai ragione a quaranta proprio no. E che ne diresti a cinquanta?
Mio Dio, a cinquanta no. I miei genitori hanno quasi cinquant’anni. L’idea di perderli mi fa venire un dolore al petto. Nemmeno oso pensarci.
Sì, hai ragione. Anche i miei vanno per la cinquantina. Non li sopporto eccessivamente, ma nemmeno li odio eccessivamente. No, hai ragione tu. Però ascolta: un’età giusta per morire dovrà pur esserci. Che ne dici di sessanta?
No, sessanta no, diciamo settanta. Settanta mi sembra un’età giusta. Uno ha avuto il tempo per fare tante cose.
No, senti, ci ho ripensato. Che ne dici di ottanta, così, mia nonna che è l’ultima che mi è rimasta, ha il tempo di campare ancora un pochino. E’ piena di acciacchi ma sai, cose da poco. A ottant’anni potrebbe arrivarci, senza problemi.

Mentre così parlavano, dietro di loro c’era un signore che aveva ascoltato tutta la conversazione.
Ma scusate, voi quanti anni avete?
Io ne ho quattordici.
Io ne compio quindici alla fine dell’anno.
Ma che ne sapete voi della vita, di quello che si soffre, delle difficoltà e andate a parlare dell’età giusta per morire. Vi sembrano discorsi sensati, questi? Che razza di ragazzi abbiamo messo al mondo. Oh, se vi sentissero i vostri genitori!

Signore, non si arrabbi. Era tanto per dire. Noi non abbiamo il potere di decidere né sulla vita, né sulla morte. Però ci pensi bene: ognuno di noi nasce, vive e poi muore. E c’è chi nemmeno ha il tempo di vivere perché muore giovane o bambino. E poi ci sono le malattie, tante cose brutte che possono capitare. Invece uno così sa che vivrà fino agli ottanta, starà in salute sino alla fine, non conoscerà il dolore fisico che a me, a dirla tutta, mi spaventa moltissimo. Ognuno ha l’opportunità di fare tante belle cose, vivere bene e godersi la vita.

Voi proprio non sapete di cosa parlate. Pensate ai ladroni, agli assassini, alla gentaglia. Ma che dite?
Il signore era proprio arrabbiato.

Perché si arrabbia così tanto? Il nostro era un parlare tanto per parlare. Ci sta aggredendo. Mica stavamo parlando con lei. Inoltre ci sta facendo far tardi, tra poco suona la campanella. Scusi se glielo domandiamo: lei quanti anni ha?

Eh, precisamente questo. Ho settantanove anni e domani è il mio compleanno.

Come si chiama signore?

Non ve lo dico e finitela con le stupidaggini.

Auguri signore per il suo compleanno. Noi andiamo e ci perdoni perché non volevamo offendere nessuno.

Ma lascialo perdere che è un vecchio maleducato, uno che si è messo in una discussione e non c’entrava niente.

Mentre le ragazze attraversavano la strada, l’anziano continuava a gridare senza rendersi conto dell’arrivo di un autobus che lo investì.

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