Poesie e Racconti di Natale, Racconti

Natale a punto tunisino. Racconto di Natale

Natale a punto tunisino
Racconto di Natale (2017)

C’è quasi sempre un filo per ogni cosa: il filo del discorso, camminare su un filo di seta, dare filo da torcere, un filo di voce, un filo d’acqua, fare il filo, sul filo del rasoio, il filo rosso, attaccato ad un filo e… i fili della cura e della salvezza.
Così pensava Karima, quella mattina, persa tra i fili dei suoi pensieri, tra i fili dei ricordi e degli ultimi mesi.
Aveva lasciato la Tunisia insieme a Tarek perché affetto da una sindrome nefrosica e l’Europa rappresentava la guarigione.
Erano nati a Gerba. Una bella e grande isola tunisina. Il padre di Karima era un musicista e la madre, una maestra.

Natale a punto tunisino


La famiglia di Tarek aveva origini maltesi: suo padre era un pescatore di spugne, mentre la madre si dedicava all’artigianato.
Avevano dovuto vendere persino la casa per poter partire. Servivano tantissimi soldi: dovevano dimostrare che potevano mantenersi, dovevano pagare l’assicurazione sanitaria. Il padre di Karima aveva un caro amico musicista a Roma che si era reso disponibile ad ospitare la giovane coppia.
L’iter burocratico era stato lungo. Alla fine, avevano tutti i documenti in regola, il visto e i soldi. Erano stati aiutati sia dai familiari che dagli amici.
Giunsero in Italia il 12 febbraio, in una giornata fredda e piovosa. Avevano lasciato il tepore e le belle spiagge di Gerba, i familiari, tutto.
Giulio e Anna erano andati ad aspettarli a Fiumicino. Due persone gentilissime. Karima aveva così tanto sentito parlare di Giulio da suo padre, che lo “riconobbe”. La coppia viveva alla periferia di Roma, non lontano dall’aeroporto, tutto sommato, nella zona di Montespaccato.
Karima e Tarek avevano visto Roma nelle cartoline, nelle stampe, nei film e documentari e la immaginavano tutta Colosseo, piazza Venezia, piazza di Spagna e piazza San Pietro. Quelle classiche immagini che tutto il mondo conosce. Ma come ogni città, anche Roma ha le sue periferie con tutti i problemi annessi e connessi.

Natale a punto tunisino


Gerba sembrava ormai lontana, più distante che mai.
Tarek non capiva nemmeno una parola d’italiano, Karima qualche cosa sì. Soprattutto l’opera, le arie che suo padre le aveva insegnato sin da bambina.

“Gli aranci olezzano sui verdi margini. Cantar le allodole tra i mirti in fior”.

“Straniero ascolta! Nella cupa notte…”. E ora la straniera era lei che doveva imparare ad ascoltare, a guardare, a captare quello che provava nella notte cupa quando la paura e le incertezze l’avvolgevano.
Iniziavano, tra l’altro, le visite all’Ospedale Grassi dove Anna aveva lavorato tanti anni. Una zona di mare, le aveva detto Giulio. Certo, il mare di Ostia non è quello di Gerba. Comunque, Karima era preoccupata per Tarek e non si perdeva in confronti inutili.
A Tarek, gli italiani piacevano. Non capiva niente, ma tutto gli sembrava bello. Era commosso per l’accoglienza che avevano ricevuto, la disponibilità e per l’ospitalità.
Giulio li accompagnava ovunque. Anna era buonissima.
Karima pensava che quelle due persone fossero degli angeli. Ma angeli per davvero.

Natale a punto tunisino


Intanto i giorni trascorrevano tra visite, terapie, diete alimentari, qualche passeggiata. Tra il freddo e il traffico sostenuto, per Karima era diventato difficile desiderare di uscire. Quindi lo faceva solo per necessità.
Fino a quando si avvertirono i primi canti delle allodole e un profumo nell’aria di una stagione che se ne andava e di un’altra che arrivava.
Tarek e Karima cominciarono ad adattarsi alla nuova vita. Giulio e Anna li avevano presentati ai loro amici, ai parenti, al parroco. Erano parte della famiglia.
Karima era rimasta colpita dalla figlia di una carissima amica di Anna. Questa ragazza soffriva di una psicosi abbastanza grave ed aveva difficoltà ad affrontare ogni tipo di problema quotidiano.
Non solo questo: notò che molta gente soffriva di depressione.

Natale a punto tunisino


Voleva fare qualcosa.
Aveva ricevuto così tanto dalla vita che non poteva far finta di niente.
Inoltre, le immagini che vedeva ogni giorno in TV dei continui sbarchi a Lampedusa o sulle coste italiane, di tanti disgraziati, di tanti suoi connazionali, le imponevano domande importanti, questioni che le toccavano l’anima.
Quando stava a Gerba, la sua vita era sempre stata allegra, almeno fino alla malattia di Tarek. Lì erano iniziati i problemi. Ma erano i suoi problemi. Karima ora vedeva le grandi tragedie, le immense solitudini.
Tarek sempre le diceva: Un nome, un programma.
(Karima in berbero significa generosa).
E lei gli rspondeva: Tu hai bussato alla mia porta, io ho aperto e hai illuminato la mia vita”.
Infatti Tarek in berbero significa colui che bussa alla porta o stella del mattino.
Si erano conosciuti così. Una mattina, lui aveva bussato alla sua porta perché doveva consegnare una cesta di pesce. E fu lei ad aprire a quel giovane sorridente.
La malattia che si manifestò dopo il loro matrimonio, li aveva uniti e resi più sensibili.
Karima decise di focalizzarsi su una cosa che le era venuta in mente e ne parlò con Anna.
Le serviva giusto una stanza. Anna l’appoggiò e insieme andarono a parlare con il parroco.
Anche al parroco piacque l’idea.

Natale a punto tunisino


Detto, fatto. Comprò bei filati colorati, uncinetti vari, mise su carta alcuni schemi.
Al primo incontro, c’erano tre persone, tre donne. La figlia dell’amica di Anna, Claudia, una ragazza di 28 anni; Aurora, una persona ansiosa che soffriva di allucinazioni; Marta con una schizofrenia diagnosticata da tempo.
Karima, accompagnata da Anna e dal parroco si presentò. In realtà le donne già sapevano qualcosa sul suo conto perché tutte facevano parte della cerchia di Anna.
Il parroco tornò al suo ufficio. Anna, invece, decise di rimanere. Anche lei voleva imparare.
All’inizio non fu facile perché, a parte Karima, nessuna di loro conosceva il lavoro all’uncinetto; non sapevano nemmeno fare le catenelle. Ma Karima non se ne preoccupò. Intorno ad un tavolo, tra i gomitoli di lana e cotone, iniziò tutto e il lavoro, piano piano andava prendendo forma. Le idee diventavano colori. Si chiacchierava, si lavorava, si progettava.
Cambiava la vita di quelle persone, poco a poco, quasi senza che nessuno se ne accorgesse.
Cambiava anche l’aria. Era sparita l’afa, quella che non ti fa respirare a Roma quando è agosto e ti si appiccica sui vestiti e sulla pelle.
Cambiavano le tonalità, i profumi, le sensazioni.
Anche Tarek cambiava. Cominciava a riprendersi. Avevano il cuore pieno di speranza.

Natale a punto tunisino


Un mese dopo, il laboratorio di uncinetto contava dodici persone. Cominciarono a progettare qualcosa di più grande. Ognuna aveva realizzato una sciarpa, scarpine per neonato, presine per la cucina, copertine…
Ora, però volevano offrire qualcosa anche agli altri. A tutta la comunità parrocchiale.
Decisero di realizzare un presepe. Sì, un grande presepe all’uncinetto. Iniziarono a vedere tutorial su YouTube, a buttare giù schizzi e schemi, a cercare i filati giusti, ad organizzare i costi.
Il parroco pensò addirittura ad una associazione perché aveva visto il gran bene che quella semplice iniziativa stava facendo alle persone.
Per l’8 dicembre il presepe doveva essere pronto. E così avvenne.
Era lavorato tutto all’uncinetto: dalle case alle pecorelle, dagli alberi alle stelle, dai pastori agli angeli. Non mancavano il suonatore di flauto, il panettiere con il suo forno e il pane, la donna che tesseva i tappeti e quella che lavorava le ceramiche. E poi, la natività. Un presepe realizzato completamente a mano, pieno di colori. La venuta di Gesù che continuava e continua a cambiare la vita delle persone, a sanarle, a renderle felici.
Quando gli esseri umani desiderano stare insieme costruendo ponti e non muri, la società va cambiando.
Già, perché Karima lo sapeva, l’aveva vissuto sulla sua pelle, l’aveva appreso da suo padre, il quale le ripeteva spesso un proverbio berbero: “La differenza tra il deserto ed un giardino non è l’acqua, ma è l’uomo”.

Grazie per aver letto questo racconto
Abbi cura di te
Emily

Potrebbe piacerti anche...

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *