Geremia e Spuma. Racconto di Natale. El Sauzal, 2020
Geremia aveva trascorso diverse ore in cerca di Spuma.
Ancora una volta, si era persa. Era l’agnella più vispa che avesse mai avuto. Quegli animali erano la sua vita. Non possedeva altro.
A sera, dopo aver radunato il gregge, il pastore iniziò a riassettare la capanna e a prepararsi il giaciglio.
Però, ad un certo punto, avvertì una folata di vento improvvisa.
Pensò che fosse alquanto strano visto che il cielo era sereno.
Niente poteva far pensare ad un cambiamento di tempo.
Continuò a sistemare le sue cose, immerso nei pensieri, fin quando la stanchezza lo avvolse del tutto. Si buttò sul giaciglio di paglia e si addormentò.
Era notte inoltrata quando un rumore improvviso lo destò. Si alzò, prese il bastone e si affacciò.
Non c’era nessuno. Cercò di svegliare i propri sensi e si fece più attento. Proprio nulla.
Mentre stava per rientrare, un’altra folata di vento richiamò la sua attenzione.
Gli sembrò che una luce si muovesse tra i rami del vecchio sicomoro.
Chiamò Fischio come per rassicurarsi che tutto fosse in ordine.
Sulle prime pensò che fosse il suo amico David.
Però, chi mai poteva visitarlo a quell’ora di notte?
Non ricevette risposta alcuna.
Stava per tornare sui suoi passi, quando sentì che qualcuno gli stava rivolgendo la parola.
Pensò che la stanchezza accumulata negli ultimi giorni gli stesse giocando uno scherzo.
Invece, quando si voltò, una luce bianca stava lì. E non era più tra i rami, ma proprio in basso, vicino al grande albero.
Una figura di luce lo stava guardando e Geremia provò una grande pace.
Lo stava invitando a seguirlo perché non lontano da lì, il Salvatore del mondo era nato.
Quante volte Geremia aveva sentito parlare di quella profezia da sua nonna e poi da sua madre. Mai gli aveva dato peso perché aveva sempre creduto, proprio come suo padre, che quelle fossero cosucce per donne.
Fatto sta che in quel momento non si pose troppe domande.
Chiamò il suo cane e radunò il gregge.
Prese la bisaccia e, per timore di perdersela, si mise sulle spalle l’agnellina mentre la madre gli camminava accanto.
Ora, ciò che vide non aveva parole per essere descritto.
In quella notte di velluto, sembrava che le stelle brillassero come mai avevano brillato.
Un canto si udiva ovunque e un silenzio gli era sceso dentro, fino a toccargli l’anima.
E se lo trovò lì, il Salvatore del mondo. Un bimbo indifeso e… immenso, come immensa era la gioia che gli risuonava in ogni parte del corpo.
Si inginocchiò. Mai si era inginocchiato in vita sua. Si sentiva piccolo e, allo stesso tempo, pieno d’amore.
Prese tra le braccia Spuma.
Sentì una voce dentro che gli diceva di stare tranquillo perché un giorno quell’agnellina sarebbe diventata una pecora madre e anche se si fosse persa, quel bimbo l’avrebbe cercata, lasciando persino le altre novantanove.
Cinzia buon anno contattami sulla moa mai
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Auguri anche a te Agnese
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