Poesie e Racconti di Natale

L’asina di Betlemme Racconto di Natale, 2021

L’asina di Betlemme

Aveva passato la notte in quella fossa. Nel completo abbandono. Aveva una incredibile sete più che fame anche se da giorno non mangiava.

Stremata dal dolore, mandò un ultimo raglio. Tanto acuto che squarciò le nubi e non solo. Riecheggiò per le valli vicine, fino all’ultima vetta.
Squarciò anche il cuore di ogni creatura.
L’unica eccezione era quella del suo padrone che, anno dopo anno l’aveva picchiata, torturata e presa a male parole. Quel cuore era troppo duro.

La chiamava inutile.
Così crollò, nella fossa, la povera inutile.
Una preghiera finale, in quel raglio, perché lo strazio potesse terminare.

Eppure, quando tutto è rotto e sembra che niente possa ricomporsi, può verificarsi l’impossibile.

Ora provo ad andare in ordine per spiegare gli ultimi eventi.

Giosafat non risparmiava niente alla povera asina. L’aveva ricevuta in regalo da un cugino, ma in realtà non l’aveva mai voluta.
Così la caricava oltre ogni misura, la malmenava e quando la povera stramazzava senza più forza alcuna, la bastonava chiamandola bestia inutile.

Quell’ultima volta, dopo una scena come sopra descritta, tirò la povera asina nella fossa. L’intenzione era di lasciarla morire di fame e di sete.
Dopo averla gettata nell’oscurità, tornò Giosafat a casa, prendendo a calci e a bastonate tutto ciò che incontrava.

Finì così col distruggere la porta e le due finestre, oltre ad altri oggetti nella casa.

Certo, passata la rabbia, si rese conto che con quel freddo non poteva resistere e doveva riparare ciò che aveva distrutto.

Si informò se nel villaggio vivesse un falegname onesto. Visto che incontrava, secondo lui, solo gente malvagia e ladra.

Gli indicarono la casa di un buon uomo che faceva il falegname.
Perciò a lui si rivolse.
Giosafat tirò così tanto sul prezzo che ci mancò poco che non pagasse né il materiale né la manodopera.
Alla fine pensò di pagare il lavoro con l’asina.

Il povero Yosef, così si chiamava, quando la vide, non se la sentì di non accettare.
Gli si riempirono gli occhi di lacrime, mai aveva visto un animale ridotto in simili condizioni.

Con fatica la tirò fuori dalla fossa.
La poveretta non ce la faceva nemmeno ad alzarsi, figuriamoci a camminare.

Le bagnò il muso e piano piano asciugò la paura dall’animale con un straccio, carezze e parole.

Amica la chiamava.
Il cuore dell’animale fece un balzo e poco mancò che le uscisse dalla bocca.

Salì dalla fossa e, a piccoli passi, arrivò a casa di Yosef.
Provò un altro balzo quando vide una giovane donna che stava sulla porta pronta ad accoglierla.
Myriam le andò incontro.
Pensò per un istante che fosse morta o che stesse sognando.

Macché, era realtà perché glielo disse il suo stomaco e la sua bocca che incontrarono acqua e cibo.

L’asina di Betlemme

Pian piano, Amica si rimise, ritrovò le forze e tanto coraggio.
Però non emetteva nessun suono. Evitava qualsiasi lamento per paura che le potesse capitare qualcosa di brutto.

Un giorno si svegliò, dopo aver passeggiato, nel sonno, tra le stelle e aver sognato la sua mamma.
Qualcosa stava succedendo. Dal cortile, vedeva tanta gente che si muoveva verso non si sapeva dove.

Anche Myriam e Yosef erano pronti. Dovevano lasciare il villaggio.
In realtà, solo gli uomini erano obbligati al censimento. Però, partirono tutti insieme. Già, pure Amica.

Fu un viaggio lungo. Ma all’asina non importava perché si sentiva voluta bene. Dopotutto, quegli sposi tanto amorevoli e compassionevoli, rappresentavano la sua casa.

L’asina di Betlemme

L’asina ben sapeva che nel ventre della giovane donna batteva la vita.
Quella notte mentre avevano ripreso il cammino, avvertì all’interno delle viscere un dolore improvviso.

Era andata sempre con passo delicato per evitare a Myriam il disagio del viaggio e cercava di non prendere troppe buche.
Tuttavia, dopo quella fitta, comprese che il piccolo stava per nascere.

Yosef era preoccupato, non si trovava nessun luogo dove fermarsi.
La notte era fredda e nessuno li aiutava.
Myriam cercava di tranquillizzarlo perché nel suo cuore sapeva che avrebbero trovato un riparo.

L’asina, mentre andava, desiderava avere le ali ai piedi per far fretta ed evitare ogni sobbalzo.

Si sentiva il cuore sbriciolato nell’immensità, in quella oscurità dove tutto appariva impossibile.

Nonostante tutto, all’improvviso, le sembrò di vedere una luce. Proprio come le era successo nella fossa. Allora affrettò il passo.

Sì. Lì poteva nascere. Una stalla.
Un bue ascoltò la voce silenziosa dell’asina persa nel vento e le andò incontro.

Finalmente, era giunto il momento.
Respirava l’asina insieme a Myriam.
Soffiavano l’asina e il bue tutto il calore che avevano dentro per riscaldare quella creatura preziosa.

L’asina di Betlemme

Continuava a soffiare l’asina mentre il suo cuore si ricomponeva in una preghiera di gratitudine.
Non appartava lo sguardo da quella famiglia.
Ma quando vide arrivare gli agnelli, i pastori e poi gli angeli, in un silenzio immenso, finalmente, perdonò l’uomo che le aveva procurato tanta sofferenza.

Senza Giosafat infatti, mai sarebbe potuta stare in quel portale e far parte di un evento tanto straordinario.

Che benedizione pensò e, quando il piccolo si addormentò, lasciò che lacrime abbondanti scorressero.

Al mattino seguente, proprio lì dove il pianto aveva bagnato il terreno, nacque un fiore, conosciuto ancora oggi come il cardo dell’asina.

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