Racconti, Racconti a capitoli

15) La stirpe del Drago

Romanzo Fantasy di Rebecca Bannò, 2005

XV Capitolo

Ignus

La sera si avvicinava. La brezza marina risvegliava una strana gioia nei cuori dei ragazzi.
Nelle loro orecchie risuonavano i versi dei gabbiani che sfioravano la superficie dell’acqua.
«Passiamo la notte qui», propose Ecra.
«D’accordo», acconsentì Kéndall.
Scesero entrambi da cavallo per sedersi sulla spiaggia tiepida, guardando il sole scomparire all’orizzonte.
«Quanto dista il porto più vicino?», chiese il cavaliere Immacolato del Vento.
«È a poche miglia da qui; proseguiremo verso Est per un piccolo tratto, e poi ci dirigeremo verso Sud. Ci fermeremo al porto di Raùr».
«Come faremo con Argento? S’imbarcherà anche lui insieme a noi?».
«Dovremo pagare una tassa in più, non possiamo lasciarlo incustodito. Atemot, tra l’altro, non ce lo perdonerebbe mai!».
«Già, speriamo bene», sussurrò Kéndall.
«Quanta pace – constatò d’un tratto Ecra- Vorrei tanto che il mondo fosse così».
«Quando il signore Oscuro verrà ucciso, sul mondo di Ianor tornerà la pace, ne sono sicuro».
«Lo so, ma quel giorno non lo vedrò mai, purtroppo», mormorò il cavaliere Immacolato dell’Acqua.
Kéndall la guardò silenzioso, in verità non sapeva cosa rispondere.
Ecra volse un triste sorriso verso l’amico.
«Ho bisogno di riposare», affermò la giovane stendendosi sulla sabbia e fissando le stelle.
Il cavaliere Immacolato del Vento rimase seduto a guardare il mare, mosso dalla dolce brezza. Prese in mano l’amuleto azzurro e s’immerse nei propri pensieri.
Si addormentarono.
Si svegliarono all’alba, mangiarono un po’ di pane e ripresero il cammino.
Continuavano ad avanzare verso Est, guardando di tanto in tanto alla loro destra, osservando il mare che scintillava sotto i raggi solari.
«Inizio ad averne abbastanza di tutta questa sabbia!», esclamò Kéndall.
«E questo è solo il principio, il problema è che abbiamo preso la strada più lunga; ad essere sincera non conosco bene questo cammino… So solamente che il porto più vicino è quello di Raùr», confessò Ecra.
«Perché non proseguiamo un po’ a piedi?», propose il cavaliere Immacolato del Vento.
«Sono d’accordo! – accettò la giovane – Sono stanca di cavalcare. Il tempio dell’acqua può attendere: devo ancora riflettere su molte cose».
«Rilassati! Togliti le scarpe ed entra in contatto con la terra sotto ai tuoi piedi; entra in contatto con la natura, può comunicarti molte cose, anche se non sembra».
Il cavaliere Immacolato dell’Acqua guardò Kéndall e annuì.
Si tolse le scarpe e posò i piedi nudi sulla calda sabbia, lasciandosi accarezzare dai granelli che le scivolavano sulla pelle.
Anche Kéndall fece lo stesso, ed entrambi proseguirono il viaggio silenziosi, sotto lo sguardo di Argento.
Ecra pensava a sua sorella e agli altri ragazzi. Chissà dove si trovavano: si erano diretti verso Nord, per il tempio del Fuoco o verso Est, dove si trovava il tempio della Terra?
Kéndall rifletteva sul viaggio che lo aspettava. Non era mai salito a bordo di una nave, e questo gli incuteva timore. Il mare, anche se bello, poteva nascondere migliaia di pericoli; pericoli che forse non sarebbe stato in grado di affrontare.
«Osserva lì in fondo! – esclamò d’un tratto Ecra – Cosa ti avevo detto?
Guarda, non è stupendo?».
Kéndall alzò lo sguardo e rimase meravigliato, non aveva mai visto tanta bellezza in vita sua.
Riusciva a scorgere un ponte largo con carri pieni di merce e sotto, un fiume lungo e stretto, che partiva dalle terre dell’Est, e si collegava con il fiume Arda, delle terre del Nord.
«E questo è niente, vedrai quello che sarà il porto», aggiunse Ecra notando la meraviglia di Kéndall.
«Prima dovremo riuscire ad arrivare al di là del ponte – mormorò il ragazzo – Per quale motivo ci sono tutte queste persone?».
«Questo è il porto più vicino; il prossimo è quello di Peles, ma non è un luogo molto sicuro: è abitato dai pirati. Per cui la gente di Henneth e quelli della Signoria di Along, vengono qui per i propri commerci».
«Capisco. Siamo al sicuro in questo porto?», chiese inquieto il cavaliere Immacolato del Vento.
«Hai paura? – disse sorridendo Ecra – Questo posto è sicuro, è ciò che incontreremo in mare che mi preoccupa. In genere mi sono sempre imbarcata dal porto di Aquish, per cui non ti so dire quali pericoli incontreremo da questa parte. Credo che fai bene a preoccuparti».
«Grazie, mi sei di grande conforto!».
«Dai, mettiamoci in marcia», lo esortò Ecra.
Kéndall guardò di fronte a sé e iniziò ad incamminarsi. Salirono sul ponte di legno; sulla destra passavano i carri e sulla parte sinistra s’incamminavano le persone.
Vi erano tre o quattro carri, uno dietro all’altro, pieni di merce: frutta, verdura, oggetti utili per le lavorazioni, vestiario…
«Osserva Kéndall!», esclamò il cavaliere Immacolato dell’Acqua.
Il giovane alzò lo sguardo e si meravigliò per la seconda volta.
Vi erano file di navi, uomini che salivano a bordo delle imbarcazioni e uomini che scendevano portando oggetti mai visti. Sentiva i marinai urlare ordini per farsi udire dai propri compagni.
«Ora bisogna trovare una nave dove imbarcarci», propose Ecra.
«Non vedo l’ora», mormorò Kéndall accarezzando il muso di Argento, che sbuffò.
«Aspetta un momento qui», disse Ecra allontanandosi da Kéndall.
Il ragazzo guardò l’amica dirigersi verso un uomo piuttosto basso di statura, e con una grande pancia.
«Mi scusi signore», disse qualcuno toccando la spalla di Kéndall.
Il giovane si voltò e vide uno strano personaggio avvolto in un mantello nero.
«Mi dica», rispose Kéndall sentendo che del timore iniziava a crescere in lui.
«Ho la necessità di raggiungere il Reame delle terre Azzurre, potrebbe aiutarmi?»
«Il Reame delle terre Azzurre?», ripetè il giovane cavaliere Immacolato.
«Sì, le Isole Neera…»
«Mi spiace, ma non posso esserle di alcun aiuto».
«Kéndall! Abbiamo trovato la nave che ci porterà a destinazione: la Ignus. Salperemo questa sera stessa», disse Ecra.
«Ascoltami, quest’uomo qui…», disse Kéndall voltandosi, ma non finì la frase perché lo sconosciuto non c’ era più.
«Allora?».
«Non capisco. Era qui un attimo fa…»
«Non importa, iniziamo a salire a bordo; ho pagato una tassa in più anche per Argento», disse Ecra accarezzando il muso del cavallo.
«Andiamo, dai».
La loro nave era la più piccola di tutte, ma secondo il cavaliere Immacolato dell’Acqua, era la più bella e la più resistente.
«È una nave da guerra?», chiese Kéndall osservando l’imbarcazione. Ecra alzò lo sguardo.
«Non lo so», rispose.
La nave era stata costruita con legni di pino e sul fianco destro aveva l’enorme scritta rossa: “Ignus”.
«Saliamo a bordo!», disse Ecra predendo le redini d’Argento. Iniziarono a percorrere la passerella.
Più avanzavano e più Kéndall guardava verso l’alto per ammirare gli alberi maestri. In tutto erano tre, e moltissime corde passavano da un albero all’altro, da un pennone ad una vela.
Finalmente salirono a bordo. Un improvviso odore di pino e di pesce investì i due ragazzi, che si portarono la mano al naso, mentre il cavallo nitrì e sbuffò.
«Buono, stai calmo!», disse il cavaliere Immacolato dell’Acqua, guardando severa l’animale.
«Dobbiamo trovare un posto per Argento; una stalla, un luogo dove può stare comodo», mormorò Kéndall.
«Hai ragione, ma dovremo chiedere a qualcuno», rispose Ecra guardandosi intorno e cercando con gli occhi il Capitano o un ufficiale.
«Allora?», chiese il ragazzo.
«Trovato finalmente!», esclamò d’un tratto Ecra.
«Chi? Chi hai trovato?».
«Tieni buono Argento e aspettami qui, non ti muovere», disse la ragazza passando le redini nella mano di Kéndall.
Per la seconda volta Ecra si allontanò dall’amico, dirigendosi verso un uomo vestito completamente di rosso, con degli stivali neri e dei guanti dello stesso colore delle scarpe. Riposta nella fodera, al fianco destro, pendeva una spada.
Qualche minuto più tardi il cavaliere Immacolato dell’Acqua ritornò verso Kéndall, con l’uomo che la seguiva.
«Si può sapere cosa stai facendo?», chiese Kéndall.
«Non ora! -rispose la ragazza rivolgendosi, successivamente, all’uomo vestito di rosso – Questo è l’animale e ha bisogno di un posto dove stare, un luogo che sia abbastanza comodo».
«Provvederò immediatamente signorina, se volete seguirmi», disse lo sconosciuto guardando Kéndall.
«Andiamo!», esclamò Ecra.
Portarono Argento sottocoperta; lo lasciarono in una piccola stalla, costruita apposta per gli animali. A tenere compagnia al bel cavallo grigio vi erano altri due cavalli: uno nero e uno completamente bianco.
«Credo che non starà male», disse Kéndall allontanandosi.
«Chissà se Atemot lo avrebbe permesso», mormorò Ecra.
«Se volete seguirmi, vi indicherò il vostro alloggio», propose l’uomo.
«Grazie», disse il cavaliere Immacolato del Vento.
I due giovani furono condotti in una stanza non molto grande, dove vi erano due letti e un tavolo che pendeva dal “soffitto”, sorretto da due catene.
«Qui a destra ci sono i bagni – disse l’uomo – Vi consiglio di non perdere troppo tempo lì dentro, altrimenti avrete almeno una decina di uomini, non del tutto allegri, ad attendere il proprio turno».
«Grazie dell’avvertimento!», esclamò Kéndall.
«Aspettate un momento – disse d’un tratto Ecra- Non pretenderete che io dormi nella stessa camera con lui».
«E perché no? Sentite signorina non penserete di stare in un castello mobile, spero. Ci sono altri due ospiti qui sopra e abbiamo dovuto trovare un comodo alloggio anche a loro. Buona giornata signori e godetevi il viaggio!», concluse l’uomo voltandosi e allontanandosi.
«Ma che maleducato! -sbottò Ecra buttando lo zaino su un letto – Cos’hai da sorridere tu?».
«Senti, non è che io faccia i salti di gioia nel condividere la camera con te, ma cosa pensavi? Non ti trovi su un castello mobile!», la prese in giro Kéndall.
«Non scherzare. La cosa è molto seria», disse Ecra mettendosi seduta prima di scoppiare a ridere.
«Dai, andiamo sopra a goderci la partenza…».
La nave si era affollata, i marinai erano tutti ai loro posti e il Capitano era già pronto al timone.
«Tutti a bordo – urlò- Si parte… Signori, avanti tutta!».
«Avanti tutta», fece eco un uomo; la nave iniziò a muoversi e il viaggio cominciò.
«A quanto pare abbiamo il vento dalla nostra», disse un marinaio ad un suo compagno, passando accanto ai due cavalieri Immacolati.
«Non credo che sia tanto male!», esclamò Kéndall.
«Penserai la stessa cosa quando, per molti giorni, vedrai solamente acqua?».
«Per quanti giorni?», chiese il giovane preoccupato.
«Non ne ho idea», rispose Ecra alzando le spalle.
«Quando mi rispondi in questo modo mi fai venire un certa…».
«Come non ti diverti? Lo dovresti sapere che il mio obiettivo è dare fastidio a te», disse la giovane voltandosi verso l’amico.
«Attenta!», esclamò Kéndall.
Il cavaliere Immacolato, che per guardare Kéndall aveva fatto tre o quattro passi all’indietro, si scontrò con un uomo. Cadde a terra.
«Ma cosa diavolo combinate?», iniziò a dire la giovane.
«Guardate che siete stata voi a venirmi addosso», rispose l’uomo tendendo la mano verso Ecra.
La giovane alzò lo sguardo. Lo sconosciuto con cui si era scontrata, era un uomo vestito di bianco, era piuttosto alto e vigoroso. I capelli castano chiaro si spettinavano con il soffiare del vento e gli occhi verdi erano fissi su Ecra.
«Tutto bene?», chiese Kéndall avvicinandosi all’amica e aiutandola a rialzarsi.
«Non lo so, ho battuto il gomito…», rispose la ragazza.
«Mi spiace», disse l’uomo ritirando la mano.
«Capitano… Presto venite a guardare!».
«Scusatemi, ma mi chiamano», l’uomo si congedò dai due cavalieri e si diresse verso il marinaio che lo aveva chiamato.
«Capitano? Sei andata a scontrarti con il Capitano della nave?!».
«Non m’importa chi fosse! La prossima volta deve guardare dove mette i piedi…».
«Guarda che sei stata tu a non guardare dove mettevi i piedi», le fece notare Kéndall.
«È uguale… Vado in camera; sempre che si possa chiamare camera quel buco di stanza».
Kéndall la guardò andare via, e poi iniziò ad osservare il mare, immergendosi nei pensieri.
Improvvisamente qualcuno gli toccò la spalla. Il ragazzo si voltó; era il Capitano.
«Scusatemi, ho interrotto qualcosa d’importante?», chiese l’uomo.
«Oh no, riflettevo solo su alcune cose. Mi volevate dire qualcosa signore?», chiese Kéndall.
«Vi prego chiamatemi Rexul. Volevo solo chiedervi: come sta la vostra amica? Non sono riuscito a porgerle le mie scuse».
«Non vi preoccupate, le passerà. Era solo un po’ nervosa. Ma, le passerà, ne sono sicuro».
«La conoscete molto bene! Mi dica, qula ‘e il motivo di questo viaggio?», chiese Rexul.
«Dobbiamo raggiungere il Reame delle terre Azzurre», rispose Kéndall.
«Siete giovani in cerca d’avventura?», domandò il Capitano guardando la fodera della spada del cavaliere Immacolato del Vento.
«Non proprio…», rispose il ragazzo mettendo la mano sull’elsa dell’arma.
«Scusatemi, vi sto disturbando con le mie domande».
«Non vi preoccupate, mi piace stare in compagnia… soprattutto se poi la compagnia è il Capitano della nave», disse Kéndall.
«Grazie», Rexul si interruppe, ora che ci pensava non conosceva il nome del ragazzo.
«… Scusate la mia maleducazione, il mio nome è Kéndall!», disse il giovane come se gli avesse letto la mente.
«Andiamoci a sedere, così, non disturberemo neanche il lavoro dei miei uomini».
Rexul condusse Kéndall nella sua cabina; era una stanza abbastanza grande. All’interno vi era un tavolo, inchiodato al pavimento, e così era anche per le sedie. Appesi alle pareti vi erano quadri di ogni genere.
«Posso fare una domanda?», chiese Kéndall.
«Naturalmente; ma vi prego datemi del tu…», rispose Rexul.
«D’accordo! Per quale motivo hai scelto di passare la tua vita in mezzo al mare? Sei piuttosto giovane!».
«Già, ho esattamente diciassette anni…».
«Diciassette anni e sei un Capitano?!», esclamò Kéndall sbalordito.
«Ho sempre vissuto nel mare, mio padre ricopriva il mio stesso ruolo; il suo nome era Rux, era il Capitano di questa nave. Morì di una malattia sconosciuta; sono rimasto accanto a lui fino all’ultimo, avevo solamente quattordici anni.
L’ultima cosa che mi disse fu: ‘Fai risuonare il tuo nome per tutto il mare Oinoin!’… Comunque non divenni Capitano immediatamente, il comando passò al vice-ufficiale; durò due anni; venne ucciso dai pirati durante una battaglia in mare. Così pensai che era giunto il mio momento e mi ritenni abbastanza grande per prendere in mano la nave di mio padre».
«Kéndall -si sentì chiamare il ragazzo- Si può sapere dove sei finito?
Ti aspetto in camera». Ecra aveva comunicato di nuovo mentalmente con il ragazzo.
«Scusatemi Rexul, ma ora devo andare. Mi ha fatto piacere parlare con te», disse il ragazzo alzandosi.
«Grazie Kéndall; piuttosto, ricordati di fare le mie scuse alla tua amica», disse il Capitano.
«Il suo nome è Ecra, comunque me ne ricorderò… A presto!»
«Ti prego, accetta di cenare con me questa sera; l’invito è valido anche per Ecra»
«Ci saremo», disse Kéndall allontanandosi.

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  1. Seguo…

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