Romanzo Fantasy di Rebecca Bannò, 2005
XIV Capitolo
Decisioni
La sera si avvicinava, un fresco vento estivo spettinava i capelli dei ragazzi. Gli ucceli che riposavano sugli alberi davano il loro benvenuto alla luna.
«Secondo te abbiamo fatto bene?», chiese Naira.
«A far cosa?», domandò Iemon.
«Ad andare via e lasciare Kéndall nel tempio del Vento, potevamo
rimanere qualche altro giorno».
«Non si poteva, non ricordi le parole di Ecra? I tempi stringono e anche gli altri cavalieri Immacolati devono raggiungere i loro templi».
«Questo è vero, ma come faremo ad incontrarlo di nuovo?».
«A questa domanda non so rispondere. Ma in fondo, ognuno di noi ha lo stesso obiettivo, giusto? Vedrai che ritroveremo sia Kéndall che Ecra», disse Iemon alzando lo sguardo al cielo.
Atemot, che era in testa al gruppo, guidava i suoi compagni verso Est.
«Dove ci stiamo dirigendo esattamente?», chiese Fibius raggiungendo il cavaliere Immacolato della Terra.
«Andremo ad Est, non lontano dalla terra della Sabbia Rossa: al tempio di Terra. Poi, continueremo verso Nord-Est dove, mi sembra, si trovi il tempio della Foresta».
«Per quale motivo dobbiamo dirigerci prima al tempio della Terra?
Siamo più vicini al tempio del Fuoco, faremo meglio ad andare lì».
«Non credo! – rispose Atemot – Il tuo tempio si trova a Nord, andremo in quel luogo dopo che torneremo dal tempio della Foresta».
«Perché sei tu che dai gli ordini? Perché dobbiamo fare come dici tu?», s’irritò Fibius.
«Ora finitela – s’intromise Nesca – discutere non ci porta a nulla, specialmente in questo momento. Si sta facendo buio, accampiamoci per la notte e parliamo con calma davanti a un bel bicchiere di vino e del cibo».
«È una buona idea. Sono perfettamente d’accordo!», esclamò Atemot.
«Sarebbe strano il contrario», mormorò Fibius.
Erano seduti intorno a un bel fuoco scoppiettante che li metteva di buon umore. Avevano mangiato carne di coniglio. Il cibo iniziava a scarseggiare, dovevano trovare al più presto una città dove rifornirsi.
«Ora possiamo parlare della direzione da prendere. Andare verso Nord o verso Est?», disse Nesca.
«Io dico di andare verso Nord, faremo prima!», esclamò Fibius.
«Non sono d’accordo – iniziò a dire Atemot – Il castello nero si trova a Nord per cui ci conviene andare prima a Est e successivamente a Nord, l’ultima tappa di quest’avventura».
«Sono d’accordo con Atemot», disse Naira.
«Io credo sia meglio seguire il suggerimento di Fibius!», esclamò Iemon.
«Cosa ne pensi tu Nesca?», chiese il cavaliere Immacolato del Fuoco.
«Al momento non so che dirvi… Forse sarà meglio andare a Drelegara, lì ci riforniremo e ci riposeremo.
Per quello che si farà successivamente, vedremo», rispose l’elfa.
«Saggia decisione! Ora riposiamo!».
La notte trascorse senza alcun incidente. Ripresero il viaggio all’alba del giorno seguente. Drelegara era vicina e , forse, avrebbero rivisto anche Elam.
«Quello che è successo non mi piace per niente», coomentò Iemon a Nesca.
«A cosa ti riferisci?», chiese l’elfa.
«Alla discussione. Se continua così, finiremo per separarci».
«Lo credo anch’io!», esclamò Nesca.
«Allora dobbiamo assolutamente fare qualcosa».
«I ragazzi sono testardi, Atemot non fa nient’altro che dare ordini e Fibius non lo sopporta».
«Il principe non lo tollera perché non ha mai dovuto obbedire quando era al castello, ma qui fuori è diverso e deve iniziare a capirlo. È anche vero che nessuno ha detto ad Atemot di impartire ordini, anche lui deve smetterla. Abbiamo un bel problema da risolvere».
«Faremo così: io parlerò con Atemot, mentre tu con Fibius. Speriamo bene», suggerì l’elfa.
«Quanto vorrei che Kéndall e Ecra fossero qui», mormorò Iemon.
Giunsero a Drelegara in tardo pomeriggio. Gli abitanti della città accolsero i giovani con applausi, inchini e grida entusiaste.
Nella piazza della città vi era un gran movimento.
«È tutto così strano, credo che sia accaduto qualcosa durante la nostra assenza. Meglio dirigersi immediatamente al castello», disse Fibius.
I ragazzi annuirono e spronarono i cavalli al galoppo, facendosi strada tra la folla.
All’interno del castello si respirava un’aria tutt’altro che allegra.
«Bentornato signore!», disse una guardia facendo un inchino a Fibius.
«Cosa sta accadendo qui?», chiese il principe.
«Si tratta del regno di Andros, ci hanno dichiarato guerra».
«E allora? Non è una novità: sono anni che siamo in guerra con quel regno!».
«Avete ragione, ma questa volta è diverso. Ci metteranno contro anche i Cacciatori. Si tratta di una vera guerra», disse la guardia abbassando il capo.
«Dov’è mio padre?».
«Il re è in runione con il generale, nella sala grande».
«Grazie».
Fibius s’avviò verso la stanza dove si trovava suo padre. I suoi compagni lo seguironono senza dire una parola.
«Aspettate qui, vi prego!», disse Fibius.
«D’accordo, ma se possiamo esserti d’aiuto…», si offrì Iemon.
«Grazie!», esclamò il principe ed entrò nella sala grande.
La stanza era fedele al proprio nome; grande e ben illuminata. Al centro si trovava un tavolo rotondo di un legno chiaro, intorno vi erano dieci sedie dello stesso materiale. Scaffali pieni di libri toccavano il soffitto.
Cisius e il generale stavano vicino alla finestra, intorno ad un tavolo quadrato, su cui erano riposte le mappe del regno di Drelegara e le mappe del regno di Andros.
«Padre – iniziò a dire Fibius avanzando verso gli uomini – ho saputo la notizia…».
«Figlio mio, per fortuna sei arrivato. Da quando sei partito il caos è caduto su questo castello. Ora siamo in guerra».
«Da quanto tempo?».
«Sono circa tre giorni; abbiamo perso molti uomini. Breg si è alleato con il signore Oscuro, e quel mostro ha scagliato i suoi seguaci contro di noi».
«Come avete intenzione di procedere?», domandò Fibius rivolgendosi al generale.
«Non abbiamo abbastanza soldati per affrontarli, abbiamo chiesto aiuto», rispose l’uomo.
«Aiuto? A chi?».
«Al re del Sud e a quello dell’Est».
«Cosa hanno risposto?», chiese il principe.
«Solm, il re dell’Est, ci aiuterà molto volentieri; dal regno del Sud non abbiamo avuto risposta e non sappiamo neanche se hanno ricevuto il messaggio. Invieremo un altro corriere e continueremo a sperare», disse il generale.
«Parteciperò anch’io a questa guerra», annunciò Fibius.
«No! – ribattè Cisius – Tu hai un compito da svolgere, sei un cavaliere Immacolato».
«Ma padre, sono anche un principe e ho un regno da mandare avanti e un popolo da proteggere».
«Questo posso farlo io, sono il re no?! Ti proibisco di combattere questa guerra! Sappi che è un ordine».
Fibius guardò suo padre silenzioso, si voltò ed uscì dalla sala.
Ad attenderlo, era rimasta solamente Iemon, la ragazza passeggiava avanti ed indietro per il corridoio aspettando che il cavaliere Immacolato uscisse dalla stanza.
«Allora?», chiese quando lo vide.
«Il signore Oscuro ha inviato gran parte dei suoi Cacciatori contro il nostro esercito».
«Cos’hai intenzione di fare?».
«Di combattere naturalmente, mio padre me lo ha proibito, dice che ho un compito da svolgere, ma io non la penso così».
«Ma Fibius, diventare un cavaliere Immacolato è più importante.
Prima uccideremo il signore Oscuro e prima finirà tutto questo male».
«Non so cosa rispondere, ho bisogno di riflettere», confessò e si congedò da Iemon.
La giovane lo guardò sparire dietro l’angolo, poi si voltò e si diresse verso il giardino, dove era sicura che avrebbe incontrato i suoi compagni di viaggio.
«Cosa dice il principe?», domandò Atemot.
«Il suo regno è stato attacato dai Cacciatori; ora è indeciso se continuare il viaggio per diventare un cavaliere Immacolato o se seguire il suo compito di principe e futuro re», rispose Iemon.
«Ascoltami – iniziò a dire Nesca – Noi abbiamo preso una decisione.
Andremo verso Est, voi cosa volete fare?».
«Non so, vedremo quello che farà Fibius».
«Non abbiamo molto tempo, per cui è meglio che parliamo anche con il principe», propose Atemot.
«Dove andiamo a cercarlo?», domandò Naira.
«Già, il castello è piuttosto grande», constatò Nesca.
Rientrarono e scoprirono che Fibius si trovava nella sala d’addestramento.
Una guardia reale s’offrì d’accompagnare i giovani.
«Finalmente! – esclamò Atemot – Abbiamo bisogno di parlarti».
Il principe congedò, con un gesto della mano, l’uomo con il quale stava parlando e si dedicò ai suoi amici.
«Ditemi», disse.
«Fibius, abbiamo preso una decisione: domani mattina, all’alba, riprenderemo il nostro viaggio verso Est. Tu che hai intenzione di fare?», chiese Nesca.
«Ho riflettuto a lungo -rispose il cavaliere Immacolato del Fuoco – Il mio dovere di futuro re viene prima di tutto. Rimarrò per combattere questa guerra».
«D’accordo allora; Iemon ora sappiamo cosa vuole fare Fibius, rimani solo tu. Seguirai il principe o verrai con noi?», chiese Atemot.
La ragazza guardò a lungo Fibius, poi rivolse lo sguardo a Nesca e Naira.
«Seguirò il principe», dichiarò infine.
«Bene, allora è deciso!».
Giunse la sera. La luna bianca alta nel cielo faceva da madre a tutte quelle migliaia di stelle che le stavano intorno.
Iemon era seduta ai piedi di un albero e scrutava, pensierosa, l’oscurità di fronte a sé.
Ciò che temeva era accaduto, il gruppo si era diviso e lei non aveva fatto nulla per impedirlo. Se solo Kéndall e Ecra fossero stati lì, loro sarebbero riusciti a trovare una soluzione. Chissà dove si trovavano ora?
Iemon si voltò verso destra, in direzione del palazzo, dei passi l’avevano messa in allerta.
«Chi è?», chiese.
«Sono solo io, Fibius», rispose il ragazzo uscendo dall’oscurità.
«Mi hai spaventata».
«Mi spiace, non volevo… Non sei venuta a cena, mi sono preoccupato e sono venuto a cercarti».
«Sto bene. Avevo bisogno di pensare».
«Già. Sono accadute così tante cose da quando ci siamo conosciuti, ed ora anche questa guerra. Perché hai deciso di seguirmi Iemon?», domandò il cavaliere Immacolato del Fuoco.
«Perché ti stai dirigendo verso Nord, e lassù ci dovrebbe essere anche mia sorella. A Nord si trova il signore Oscuro. È lui il mio obiettivo, anche se non sono un cavaliere Immacolato», contestò la ragazza.
«Per quale motivo ti preme tanto la morte di quell’uomo?».
«Non so se si possa chiamare uomo, un mostro del genere, comunque non desidero la sua morte. Anzi, vorrei che vivesse oltre mille anni se necessario».
«Cosa? Perché?», chiese Fibius sbalordito.
«Ricordi? La sua morte significherebbe anche quella di Ecra, e questo non lo potrei permettere. Vorrei tanto trovare un contro incantesimo alla maledizione di mia sorella».
«Perché hai voluto seguire i cavalieri Immacolati? È stata tua sorella a chiedertelo?», la interrogò il principe, curioso.
«Assolutamente no… Lei non c’entra… È stato Kéndall!».
«Kéndall?!».
Iemon annuì.
«Gli salvai la vita. Mia sorella mi aveva parlato molto di lui, suscitando in me una certa curiosità. Volevo conoscere questo ragazzo tanto forte, ma tanto fragile; un ragazzo che ha affrontato il suo destino senza ribellarsi e con coraggio».
«Ha colpito anche me. Le mie guardie lo trattarono senza riguardi credendolo un nemico, ma lui è rimasto impassibile di fronte alle loro urla, ai loro comandi e ai loro calci. Ottiene sempre ciò che vuole».
«Vero. Credo che si sia fatto tardi, domani ci aspetta una giornata faticosa e forse, piena di sorprese. Buonanotte Fibius!», concluse Iemon alzandosi.
«Buonanotte, dormi bene», le augurò il giovane.
La ragazza s’incamminò verso il castello. Fibius rimase a guardarla fino a che non scomparve nell’oscurità.
«Grazie», sussurrò infine.
La notte trascorse in fretta.
All’alba, i giovani avventurieri s’incontrarono davanti al portone del castello.
Nesca, Naira e Atemot erano pronti per il viaggio.
«A presto!», disse Iemon salutandoli.
Fibius abracciò le due elfe e strinse con forza la mano del cavaliere Immacolato della Terra.
«Mi mancherai amico mio. Buon viaggio», mormorò il principe.
«Addio», disse Atemot.
I tre salirono in groppa ai cavalli e partirono alla volta della terra dell’Est.
Scomparvero all’orizzonte…
Fibius ritornò al castello, per prepararsi alla battaglia.
Iemon rimase a guardare il sole sorgere.